DATA

9 settembre, h 21.15

ADATTAMENTO E REGIA DI

Andrea Pennacchi

CON
Marco Artusi, Evarossella Biolo e Beatrice Niero
COPRODUZIONE

Febo Teatro, Matàz Teatro e Dedalofurioso

Shakespeare era un maestro nel trovare testi archetipici e plasmarli per parlare meglio al suo pubblico; il Lear è, da questo punto di vista, paradigmatico: nelle mani del Bardo diviene un testo che rispecchia le tensioni e le paure dell’Inghilterra post-elisabettiana, assediata da guerra ed epidemia. La successione al potere aveva sempre scatenato guerre intestine e calamità nel passato, il periodo di relativa pace e sicurezza sembrava volgere al termine, e il pubblico inglese guardava ai mutamenti con grande apprensione.

Con la stessa apprensione guardano gli italiani, i veneti in particolare, ai mutamenti in atto: con la crisi deraglia il mito della locomotiva d’Italia, la piccola impresa si scopre microscopica nel contesto dell’economia globale, e le grandi fortune di alcuni gruppi sono messe in discussione dalle sfide mondiali e della successione al comando: le vecchie strutture familiari, il clan, non sembrano essere in grado di affrontare tutto questo. Recenti tragedie (vedi il caso, a suo modo epico, di Egidio Maschio) e tragicommedie (le liti in casa Luxottica tra i familiari di Del Vecchio) esemplificano perfettamente il problema.

È in questo senso che diviene interessante l’elaborazione di un testo che, a partire dalla solida struttura offerta dal Lear shakesperiano, indaghi i mutamenti in corso nella nostra regione (per meglio sfruttare la conoscenza del genius loci), che sono, di fatto, universali.

 

L’eredità dei “veci”, il passaggio di consegne alle forze nuove, il patriarcato e le ambizioni delle donne, lo scontro di mentalità: l’etica del lavoro a oltranza e del sacrificio nell’era della suscettibilità; c’era già tutto, in Shakespeare, a noi ripulirlo della polvere del tempo e mostrarne il nucleo radiante.

Biglietto 5 €